Il lighting designer deve affrontare il progetto lavorando a stretto contatto con l’architetto o interior designer fin dalle prime idee di concept. La luce e le scelte di materiali, colori e finiture devono essere confrontate e studiate in maniera empirica, cercando di testare le varie proposte al fine di ottenere il risultato desiderato.
Le parole dell’architetto Michela Oliva ci aiutano a capire meglio questo particolare dualismo tra luce e colore:
“Il punto di partenza nello sviluppo di un concept per un marchio, sia esso per uno spazio commerciale o di ufficio, è l’analisi dei valori del brand da comunicare che costituiscono l’anima e il DNA dell’azienda unitamente ai bisogni e al posizionamento del marchio stesso.
Questi aspetti rappresentano il messaggio da interpretare e trasmettere attraverso la creazione di uno spazio sviluppato ad hoc, che diventi la «pelle del marchio» e la sua «customer/employee experience».
Commissionare un nuovo concept sottende la volontà del Brand di rinnovarsi e di cambiare aspetto pur restando fedele alla propria filosofia o all’evoluzione di essa. È una variazione del percepito agli occhi del pubblico. Una muta, un po’ come accade in natura, che deve avvenire periodicamente. Per stupire, evolvere il proprio aspetto, per attrarre e colpire chi osserva, catturandone l’attenzione e l’ammirazione. Il Brand comunica attraverso i suoi spazi (attraverso le sue atmosfere che sono fatte di colori, luci, materiali e talvolta profumi), che devono essere evocativi e in linea con il suo posizionamento. Per questo, l’approccio alla ricerca delle palette di colori e materiali che rispecchino l’anima del Brand richiede un esercizio di immedesimazione e rielaborazione importante.
Il trinomio colore – luce – materiale, in particolare, costituisce un aspetto fondamentale per il benessere psicofisico di chi vive lo spazio sia, quindi, per chi vi avrà permanenza continuativa (come chi ci lavora) sia per chi vi transita (come, ad esempio, i clienti).
Bisogna creare ambienti che ‘smuovano’ la parte emotiva degli utenti per far sì che lo spazio venga associato a un’esperienza sensoriale positiva, producendo il desiderio di volerla ripetere.
In questo scenario, i colori e i materiali devono evocare i main messagges del Brand concorrendo a richiamare la sua riconoscibilità e unicità pur potendo essere slegati dalle cromie del logotipo e dell’eventuale pittogramma del marchio.
Resta in ogni caso fondamentale trovare un equilibrio tra ambiente e prodotto/attività lavorativa per non adombrare questi ultimi, che devono rimanere indiscussi protagonisti.
A prescindere dall’utilizzo di colori particolari per le finiture, la luce all’interno di uno spazio enfatizza sempre la parte emozionale e può conferire, se ben dosata, una teatralità anche alle cose più semplici, accentuando l’aspetto emotivo del progetto. Va usata con cognizione di causa e in maniera sapiente per enfatizzare alcune parti e, magari, nasconderne altre, in modo da valorizzare colori e tonalità o oggetti. Sempre, naturalmente, in funzione dello specifico utilizzo dell’ambiente. Ritengo, inoltre, sia necessario poter regolare la luce all’interno di uno spazio nel corso della giornata per garantire l’atmosfera desiderata a seconda delle attività che si svolgono nei vari ambienti e, quando c’è, in base al continuo mutamento della luce naturale. Personalmente prediligo la luce bianca perché, se ben calibrata, consente di osservare i materiali nella loro reale cromia e nella loro essenza.
Considero la luce colorata più come un “gioco”, un effetto ludico che potrebbe essere sicuramente un elemento caratterizzante e di rottura o di valorizzazione emozionale di alcune parti del progetto.”
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